lunedì 23 maggio 2011

Ciclo di conferenze LE PAROLE DELLA POLITICA

Abbiamo iniziato un ciclo di conferenze dal titolo “Le parole della politica”, perché vediamo che queste vengono sempre più stravolte e rese ambigue nel loro vero significato e abbiamo chiesto a Guido Folloni di aiutarci in questo dialogo.
Iniziamo con la parola democrazia proprio perché oggi, nel nostro paese, a causa di una sempre maggiore influenza della mentalità dominante e di un sempre maggior potere mediatico concentrato nelle mani di pochi, la democrazia rischia di essere un impianto giuridico che non trova più un senso e un collegamento con la vita delle persone. La politica, che è la massima espressione della cultura, che cerca i mezzi per una convivenza umana e un progresso rispettoso del bene comune e che dovrebbe avere come centro della propria azione l’uomo, oggi è soprattutto azione di forza, mossa da interessi economici e personali. La politica in Italia, tenta di svuotare di senso la democrazia in vari modi, ma senza dubbio attraverso la soppressione di un elemento vitale della vita sociale e politica che è il pluralismo.
Nonostante tutto, però, nel Paese qualcosa si muove alla luce dei recenti esiti delle elezioni amministrative, per riproporre la centralità della politica a partire dai suoi strumenti principali e fondanti, come la costituzione, l’equilibrio tra i poteri, e, in vista dei prossimi referendum, il centro culturale invita ad andare a votare; innanzitutto questo: votare, cioè esercitare il diritto di voto come segno di partecipazione alla vita del Paese. È una scelta culturale, una presa di posizione necessaria.

martedì 3 maggio 2011

Gargantua

Gargantua é una delle prime grandi litografie che Daumier produce nel 1831, conservata alla BNF di Parigi. Daumier, che per questa immagine fu condannato a 6 mesi di prigione, voleva raccontare l'ingiustizia del potere dell'epoca. Rappresenta infatti il re Luigi Filippo, enorme, seduto su un trono all'ombra del quale si agitano per niente i rappresentanti dell'Assemblea Nazionale, uomini a metà, piccoli e tutti uguali. A differenza degli altri uomini che gli stanno dinnanzi, essi non lavorano. Si inchinano, si agitano, gridano leggi scritte nei papiri che hanno in mano, leccano i piedi del re. Gli altri personaggi, vestiti male, sulla destra, sono il popolo. Non sono il popolo idealizzato, bello e combattente di altri pittori. E' il popolo vero, quello di uomini senza speranza, quello di chi lavora solo per riuscire a sopravvivere, quello di quella madre (che per natura dovrebbe essere il segno stesso della vita, del positivo) che si lascia cadere a terra, estenuata dalla fatica. Anche loro contribuiscono a ingrassare il re, impotenti davanti all'ingiustizia e al peso della miseria.
Daumier qui condanna la monarchia. Ma se pensiamo alle nostre democrazie di oggi, cloache di pochi e potenti porci, la litografia di Daumier lascia pensare che sotto quella parole le cose non siano cambiate.